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Quello spazio tra il reale e l’immaginato

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Massimo Fenati, illustratore e fumettista genovese ma con sede a Londra da tempo, ci racconta come nascono le sue meravigliose illustrazioni.

Quali studi hai fatto?
«Sono laureato in Architettura».

Raccontaci il tuo percorso artistico…
«Sono cresciuto nutrendomi di una grossa dieta a base di fumetti e ho sempre sognato di fare il fumettista. Diventando grande ho pensato che fosse una carriera ingrata, con cui non ci si potessero pagare le bollette, e così ho studiato Architettura con lo scopo di fare il designer (quantomeno volevo mantenere carta e matita come i miei strumenti professionali). Mi sono trasferito a Londra per lavorare in alcuni grossi studi di design, dopo una decina d’anni di lavoro in quel campo, gli scarabocchi che nel frattempo non ho mai smesso di fare nel tempo libero sono piaciuti a un editore che nel 2006 mi ha permesso di pubblicare il mio primo libro illustrato, qui in Gran Bretagna: “Gus & Waldo’s Book Of Love” (Orion), la storia semi-autobiografica sulla vita amorosa di due pinguini. Successivamente è stato pubblicato anche in Italia. Al primo libro ne hanno fatto seguito altri quattro, gradualmente il lavoro di illustratore/fumettista ha preso il sopravvento e da diversi anni è diventata la mia professione a tempo pieno. Il mio sogno infantile si è avverato».

Come è nata l’idea di abbinare fotografie e illustrazioni?
«L’umorismo, che è per me la componente fondamentale del mio linguaggio di fumettista, è spesso qualcosa che si trova tra ciò che l’immagine presenta agli occhi del lettore e ciò che suggerisce, ciò che il lettore quindi immagina. Trasformare una baguette in una canoa o dei rigatoni in scalda-muscoli significa giocare proprio a suggerire una diversa lettura della realtà, e in qualche maniera lavorare con quello spazio tra il reale e l’immaginato. Visto che poi sono un appassionato panificatore e un pasticcere dilettante, unire la mia passione per il cibo a quella del disegno è stato un passo molto naturale. E da lì è nato anche il nome della raccolta delle mie vignette “Foodle”: “Foodle” unisce le parole inglesi “food” (cibo) e “doodle” (scarabocchio)».

Come avviene la creazione? Parti dalle fotografie o dai disegni?
«Inizio prima di tutto dall’idea. Se un dolce o un cibo mi suggeriscono la forma di un oggetto, scatto una foto ad hoc (o in alcuni casi la richiedo ai cuochi con cui ho collaborazioni occasionali) e poi disegno la vignetta. Infine le metto assieme “digitalmente”, visto che alcune volte capita che il disegno debba anche coprire parte della fotografia».

Parlaci della tua collaborazione con Feltrinelli Comics…
«Con loro ho da poco pubblicato la mia prima graphic novel. Si tratta della versione a fumetti del best seller di Simonetta Agnello Hornby, “La Mennulara”. Un’avvincente saga familiare ambientata nella Sicilia degli anni ’60, un romanzo spassosissimo e al tempo stesso che sa affrontare temi importanti, un libro che io ho amato alla follia e che è stato un onore e un privilegio poter trasporre in fumetto. È stato un lavoro enorme, ci ho impiegato un anno intero, ma è stato uno di quei rari progetti che mi hanno dato talmente tanto entusiasmo che mi svegliavo alla mattina scalciando dalla voglia di correre in studio a lavorare alla nuova tavola! Mi sono goduto tutto: la creazione dei personaggi, lo studio e la ricerca per l’ambientazione, la sfida intellettuale di scrivere una sceneggiatura da un romanzo così articolato e ricco, e poi chiaramente le lunghe ore passate a disegnare, che per me è, come si sarà ormai capito, la cosa più bella del mondo».

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Al momento sono occupato con la mia graphic novel, visto che sto girando l’Italia per la sua promozione. Nel frattempo continuo la mia collaborazione con il sito del “Corriere della Sera” per la mia rubrica “La Cucina a Fumetti” e sto iniziando a pensare di fare un libro con i miei “foodle”».

Hai qualche curiosità da raccontarci?
«La mia passione per il cibo mi ha portato di frequente, e in maniera spontanea, a trovare clienti nell’industria culinaria. Ho collaborato per un anno con la catena di pasticcerie londinesi “Gail’s Artisan Bakery”, per i quali ho prodotto una serie di giornalini a fumetti su come si fa il pane, cos’è la pasta madre o come funziona un forno artigianale. Ma ho anche progettato le forme dei loro biscotti natalizi, unendo tutte le mie esperienze: illustratore, product designer e cuoco dilettante (o mangiatore professionista, a seconda dei punti di vista!). Ed ora ho iniziato a collaborare con “Motherdough”, un nuovo ristorante di Brooklyn, a New York: la loro pizza con pasta madre è da sogno. Peccato non vivere nella stessa città o potrei farmi pagare in pizza anziché con la vile moneta…».

Scopri il video dedicato all’artista

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