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Invisible Body Disabilities, un inno a non cedere mai

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progetto artistico di Chiara DeMarchi

Chiara DeMarchi fotografa e donna, determinata e coraggiosa, attraverso i suoi scatti racconta le storie di donne che convivono come lei con le IBD e altre disabilità invisibili, per ispirare l’amore e l’accettazione del corpo.

Ciao Chiara, ci fa molto piacere poter raccontare la tua storia e i tuoi progetti artistici. Iniziamo chiedendoti qualcosa su di te.
«Ciao, intanto vi ringrazio moltissimo per avermi dedicato dello “spazio” per potermi raccontare e condividere i progetti che ho realizzato nel corso degli anni. Se mi dovessi definire, mi paragonerei ad un piccolo uragano, in senso positivo, ovviamente. Appassionata di mille e più cose, con una immensa voglia di vivere e con la testa che viaggia alla velocità della luce. Innanzitutto, sono moglie e mamma di tre piccoli marmocchi di 9, 5 e 2 anni che mi tengono parecchio impegnata, faccio due lavori e mi sono re-iscritta all’università (sono al terzo anno) per terminare gli studi in scienze biologiche che avevo iniziato una decina di anni fa… Inoltre, faccio parte di due Associazioni, AMICI Italia (Associazione Nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’Intestino) e GAV (Gruppo Astrofili Vicentini). In AMICI Italia sono orgogliosamente socia e volontaria e dal 2018 Invisible Body Disabilities, come marchio registrato, si sviluppa insieme attraverso nuovi progetti artistici e informativi, eventi di sensibilizzazione, tappe della mostra fotografica, e molto altro. Il Gruppo Astrofili Vicentini è stata una recente e spaziale scoperta! Da circa un anno sono socia e volontaria nella divulgazione della scienza astronomica, nell’osservazione degli astri presso l’osservatorio G. Beltrame di Arcugnano e nella creazione di eventi scientifici e laboratori didattici per bambini. E spesso mi diletto con l’astrofotografia.
Sono sempre stata una bambina curiosa e creativa, complice il fatto di aver viaggiato molto da piccola per motivi lavorativi di mio padre. Ho vissuto qualche mese in Qatar, poi ho parenti in Siria, ho passato un paio di estati in Egitto, al Cairo, ecc. Questo mi ha dato modo di ampliare i miei orizzonti e dar sfogo alla mia creatività. Ho sempre amato scrivere e creare, disegnare e fotografare. Finché un giorno, circa dieci anni fa, ho deciso di non limitarmi più ai reportage fotografici di viaggio ma a fotografare momenti, volti e storie. Ho iniziato a frequentare diversi corsi di fotografia ed elaborazione delle immagini, e dopo la nascita del mio primogenito ho deciso di raccontare la maternità, in particolare l’allattamento al seno, a seguito anche della mia esperienza travagliata ma vittoriosa. Ho realizzato una mostra fotografica, “Sotto la Stessa Pelle” che narra questo legame fatto di latte e amore. Qui due articoli in cui ne hanno parlato: quello del DAILY e quello di VeronaSera».

Sul tuo profilo instagram @invisiblebodydisabilities affronti il tema delle malattie invisibili. Come è nata l’idea, perché hai deciso di creare un account dedicato e perché hai scelto il mezzo fotografico.
«Dopo la mostra sull’allattamento al seno non mi sono più fermata, e ho cominciato a riflettere sulla realizzazione di un progetto fotografico ancora più grande, che parlasse della mia malattia, la rettocolite ulcerosa. Una malattia infiammatoria cronica dell’intestino che mi è stata diagnosticata nel 2009. Da quel giorno la mia vita è stata stravolta. “Era come se mi fossi ritrovata in una vita diversa da quella ‘normale’, in qualcosa che non mi apparteneva affatto.
Stavo male e odiavo il mio corpo con tutte le mie forze.
Passavo le giornate in bagno, stroncata da crampi addominali e diarrea; continuavo a dimagrire e allo specchio vedevo un esserino scheletrico dall’aspetto orribile.
Ho seguito varie terapie debilitanti con scarsi risultati e continuavo a provare dolore in ogni cellula del mio corpo. A malincuore ho abbandonato l’università (volevo lavorare nella ricerca) e il lavoro perché incapace di seguire le lezioni e per le continue assenze. Per un lungo periodo mi sono totalmente chiusa in me stessa, non avevo l’energia e la voglia di reagire abbandonandomi totalmente alla depressione. Assistevo immobile ed impassibile alla vita degli altri che andava avanti, mentre la mia rimaneva inesorabilmente ferma. Il mio unico sfogo era diventato piangere sul cuscino rannicchiata per i forti dolori addominali e maledicendo il giorno in cui la malattia aveva scelto il mio corpo come dimora.
Ero diventata un peso e una preoccupazione per tutti.
Il susseguirsi di anni bui mi ha reso una donna e una madre più tenace e determinata e, se in qualche modo sono riuscita a resistere alla frustrazione e alla depressione che la malattia mi ha provocato, è stato anche grazie alla grande passione ed immenso amore per la fotografia.
Nel mio percorso professionale ho avuto l’onore di ascoltare e fotografare storie e corpi di donne e madri, le mie lenti fotografiche hanno immortalato così tante immagini dedicate alla maternità, al ‘femminino’, alle donne che combattono e che donano la vita tanto da immedesimarmi in ogni storia, in ogni scatto, in ogni singola emozione. Da quel momento ho sentito la necessità di esternare il mio dissidio interiore, sublimare e sfidare quel dolore ladro di sogni, che mi ha costretto più volte a rivedere i miei progetti di vita. Volevo trovare un modo per sentirmi meno sola e più forte, per raccontare e raccontarmi attraverso l’arte e la fotografia. Nasce così il progetto Invisible Body Disabilities – dal libro “Women Fighters – from the project: Invisible Body Disabilities” 2017, Linea Edizioni.
Invisible Body Disabilites, con il suo acronimo IBD richiama la definizione inglese Inflammatory Bowel Diseases, e vuole dare voce alle persone che nel mondo vivono con disabilità invisibili perché celate agli occhi del resto della popolazione. IBD è un sito di raccolta di testimonianze e fotografie, un libro fotografico e una mostra fotografica itinerante che ad oggi ha visto ben 17 tappe in diverse città d’Italia».

Quali malattie invisibili hai raccontato fino ad ora.
«Ho avuto l’immensa fortuna di conoscere una moltitudine di anime meravigliose, instancabili lottatrici, dalle lunghe cicatrici o dal passato buio e sofferto. Sorrisi, emozioni, empatia. Scatti fotografici terapeutici che mettono a nudo le difficoltà ma svelano anche immenso coraggio e forza. Mi sono concentrata su colite ulcerosa e malattia di Crohn, ma ho anche raccontato storie di fibromialgia, lupus, endometriosi, vulvodinia. Malattie che impattano enormemente nella qualità della vita, ma ancora non pienamente considerate perché invisibili. Spero di poter dare voce attraverso i miei scatti, sensibilizzare ed educare alla comprensione e al rispetto, per normalizzare, supportare e abbattere le barriere del pregiudizio, dell’incomprensione e della superficialità attraverso l’arte della fotografia».

Come realizzi i tuoi meravigliosi scatti e come trovi i tuoi testimonial.
«Inizialmente mi sono appellata ad un gruppo su Facebook creato da chi è affetto di MICI (malattie infiammatorie croniche intestinali), ho proposto il progetto e hanno aderito in una decina di ragazze. Ho iniziato a realizzare gli scatti nel mio home-studio, creando connessioni positive e scambiandoci i nostri percorsi di malattia. Una volta pubblicati nella pagina Facebook del progetto, si è creata una grande rete di condivisione e vibrazioni positive e la cosa non si è più fermata. Ho cominciato a ricevere richieste di partecipazione una dopo l’altra e dedicavo quasi ogni pomeriggio alle sessioni fotografiche e al supporto reciproco. E’ da quel momento che ho avuto l’idea di realizzare un libro fotografico, come strumento di educazione e sensibilizzazione. Ancora oggi sono diverse le richieste di partecipazione per poter raccontare attraverso la fotografia il percorso di malattia e rinascita, e sto cercando di organizzarmi tra i miei infiniti impegni, i figli, lo studio, il lavoro :D»

Sempre parlando di persone che ritrai, sono per la maggioranza donne. C’è un motivo particolare?
«Questa è la domanda più gettonata! In realtà mi piace definirmi fotografa del femminino, di tutto ciò che riguarda il percorso di una donna, che sia la maternità, una malattia, un momento particolare della vita. Da sempre attenta ai diritti delle donne mi sono occupata di allattamento al seno così come di body positivity, partendo sempre dalla mia personale esperienza, ribadendo il messaggio che ognuna di noi sia libera e abbia il diritto di vivere la propria vita al meglio».

Nel 2017 hai realizzato il bellissimo libro “Women Fighters – from the project: Invisible Body Disabilities” che hai anche già citato prima, se ce racconti.
«Nel 2017 è uscito il mio libro fotografico “Women Fighters – from the project: Invisible Body Disabilities” edito da Linea Edizioni. E’ una raccolta di testimonianze di 65 donne che hanno deciso di posare e mostrare attraverso gli scatti fotografici la loro storia di malattia per sdoganare la loro condizione di pazienti. Le fotografie sono volutamente in bianco e nero, in quanto tra quei chiaroscuri ci ho fissato un messaggio profondo, realistiche e non ritoccate, e racchiudono fotogrammi di alcuni momenti della vita di donne affette da Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa. La copertina invece l’ho lasciata a colori, ed è ritratta una pancia, una stomia e una primavera di colori caldi dipinti dalla ragazza che ho fotografato. Una bravissima pittrice, affetta anche lei da colite ulcerosa e al suo secondo intervento, un momento che ha definito “di rinascita”, dopo tanta sofferenza, e che ha voluto immortalare con i suoi pennelli e colori. Per me questo ha significato moltissimo, un inno a non cedere mai, ma a prendere spunto dal dolore per creare meraviglia».

Cosa ci racconti invece del progetto “Resilient Mothers”.
«L’idea di realizzare il progetto Resilient Mothers – l’arte della maternità nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino nasce dalla mia esperienza di madre e paziente affetta da colite ulcerosa. Ho avuto tre gravidanze, ognuna con le sue difficoltà e paure dettate dalle riacutizzazioni e dalle terapie farmacologiche, e ho voluto battermi per portare all’attenzione il tema della maternità in relazione alle MICI. Poter ricevere informazioni chiare, conoscere eventuali rischi ed essere accompagnate durante i 9 mesi e dopo il parto, sono gli elementi fondamentali per permettere alle pazienti affette da Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di non sentirsi abbandonate, in una delle fasi più importanti della vita di una donna. Una distorta e diffusa percezione di rischi, causata dalla non corretta informazione sulle MICI determina insicurezza e paura, che possono spingere le donne a sospendere la terapia o addirittura a rinunciare alla maternità. Il progetto vuole essere una bellissima testimonianza del valore della vita, trasmesso dalle parole e immagini delle giovani mamme che hanno partecipato al progetto e soprattutto una valida e autorevole fonte di informazioni e indicazioni messa a disposizione da AMICI Italia a tutte le future mamme, dal loro sito (in calce vi è anche il vademecum che abbiamo realizzato come strumento di informazione per future o neo mamme – nella brochure, alla fine, c’è anche la mia testimonianza di maternità) e anche dal mio sito.

Considerato il tuo talento fotografico narrativo, se stai già pensando ad altri progetti.
«Di progetti che mi frullano per la testa ne ho a milioni, avevo iniziato a scrivere un libro di narrativa sempre con qualche collegamento alle malattie infiammatorie croniche intestinali (ma non voglio spoilerare genere e vicende), con AMICI Italia abbiamo in mente altri progetti fotografici e di sensibilizzazione che spero presto vedano luce, così come altre tappe permanenti della mostra fotografica Invisible Body Disabilities (le permanenti attualmente sono al Policlinico di Milano, all’Ospedale Murri di Fermo e al Policlinico di Sant’Orsola a Bologna).
Per quanto riguarda invece la mia vita privata, sogno di laurearmi presto e riprendermi ciò che la malattia mi ha tolto un decennio fa. Mi piacerebbe continuare a divulgare la scienza e a mescolare assieme anche la fotografia, chissà cosa ne verrà fuori, la creatività è la mia migliore amica in certi momenti!».

Se vuoi aggiungere altro o ringraziare qualcuno.
«Ringrazio tutte le persone che ho incontrato nella mia seconda vita, quella fatta di dolore, terapie e ospedali, ma al tempo stesso di determinazione, forza e sogni da realizzare. Ringrazio l’associazione AMICI Italia per essere sempre stata un punto fermo nelle difficoltà, ringrazio tutte le meravigliose donne che hanno fatto parte del cerchio di connessioni positive, ringrazio tutti gli amici che ho incontrato strada facendo, le persone che sono fortuitamente entrate nel mio percorso per darmi quella grinta e quel coraggio nel lanciarmi in nuove avventure. Infine, ringrazio la vita, perché oltre ad essere formata da una serie di unità chiamate cellule, con funzioni e bisogni particolari, è senz’altro un meraviglioso viaggio, fatto di luci e contrasti».

I link dell’artista

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