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Scatti per rivivere emozioni ad alta quota

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Filippo Macchi è un fotografo paesaggista. La montagna è il suo soggetto preferito e prima di realizzare uno scatto prepara un vero e proprio piano attraverso ricerche e documentazioni.

Breve presentazione.
«Nato e cresciuto in provincia di Modena, sono il tipico esempio di montanaro di pianura. La sofferenza per la lontananza dai monti è solo in parte mitigata dalla fotografia che coltivo da circa 30 anni. Oggi i miei soggetti si caratterizzano, per quanto possibile, per una totale assenza di opere legate all’uomo. Penso infatti che la Natura sia sufficientemente bella per non dover ulteriormente deturpare i paesaggi con la nostra presenza. Da qui nasce anche la mia adesione dal 2019 al movimento Nature First».

Quando e come hai deciso di dedicarti alla fotografia.
«Ho iniziato a fotografare da ragazzo per “portare a casa” quelle montagne che potevo vedere solo una volta all’anno in vacanza con i miei genitori. Alla fine degli anni ’90, grazie alla frequentazione di un circolo fotografico a Modena ho approfondito le tecniche legate alla camera oscura (sviluppo e stampa). Nel 2014 c’è il punto di svolta e la mia fotografia comincia ad assumere dei connotati ben precisi rispetto all’ambiente in generale ed alla montagna in particolare».

Tu sei un fotografo paesaggista e hai dato vita al progetto Ma.Ni. Adventure Photograpy. Raccontaci un po’ di che si tratta, qual è l’obiettivo e la filosofia.
«Ho da sempre avuto un sito dedicato alla mia fotografia ma dopo il 2014, insieme a mia moglie, abbiamo creato il marchio Ma.Ni. (che altro non è se non l’abbreviazione dei nostri cognomi). L’idea iniziale, a cui siamo rimasti fedeli, è quella di raccontare attraverso la fotografia un certo tipo di Natura. Siamo coscienti che per poter cercare di salvaguardare il nostro Pianeta serva l’azione di ogni singola persona, azione che può manifestarsi in tanti modi, nel nostro caso attraverso la divulgazione di fotografie che cercano di raccontare il bello che ci circonda spesso andando a ricercare luoghi non scontati o fuori dai circuiti turistici principali. Come si nota chiaramente dalle mie immagini, la grande sfida è quella di limitare al massimo qualunque elemento riconducibile all’uomo nella speranza di restituire una visione pura dei paesaggi ripresi».

A questo punto siamo molto curiosi di sapere come realizzi i tuoi scatti, dalla scelta del luogo all’attrezzatura da portare.
«Per chi ama la montagna, fare fotografia impone una scelta sofferta: o fai fotografia o fai montagna. Molto spesso infatti i tempi della fotografia non sono compatibili con i tempi di un’escursione, bisogna quindi programmare cosa si vuole fare e dove. Questo significa che ogni scatto è pensato prima di tutto alla scrivania attraverso un’azione di ricerca e di documentazione dei luoghi che voglio fotografare e quindi del punto di ripresa migliore per farlo. Gli strumenti digitali (cartine, siti meteo, social, ecc.), che uso abitualmente, in questo senso offrono il grande vantaggio di potersi documentare in maniera veloce attraverso diverse fonti oltre che ovviamente confrontarsi con i colleghi per programmare uno scatto e la relativa uscita.
Sul campo però raramente mi affido al digitale, sono legato ancora ad appunti e cartine topografiche di carta, strumenti che reputo indispensabili per muoversi in sicurezza nell’ambiente montano. Sulla base quindi di cosa fotograferò e dove, so di conseguenza che tipo di attrezzatura portami sulle spalle. Alcuni oggetti sono ovviamente sempre presenti, vedi il cavalletto, lo scatto remoto ed altri accessori, quando però si passa al comparto lenti la scelta diventa strategica e prende in considerazione non solo il soggetto che andrò a fotografare, ma anche le ore necessarie per l’avvicinamento, il dislivello da affrontare, ecc.
Questo per dire che nessun scatto è frutto del caso.
Come sempre quando le variabili aumentano, aumenta anche il rischio di incorrere in errori o fallimenti, ecco perché a volte uno scatto è il risultato di più uscite con la conseguenza che a volte servono anni per ottenere il risultato voluto.
Ad esempio, lo scorso maggio ho effettuato una serie di sopralluoghi nelle Dolomiti di Sesto per valutare alcuni punti di ripresa per il prossimo autunno. Questo mi aiuta a limitare la possibilità di inconvenienti e ad effettuare le scelte giuste quando sarà il momento opportuno. Il risultato finale di tutto questo processo, che definisco fine art, riguarda la post produzione degli scatti grezzi una volta rientrati in studio.
La post produzione di una fotografia digitale richiede un tempo variabile mai inferiore alla mezz’ora, non uso mai preset o automatismi ed ogni immagine viene processata individualmente.
Il tutto per arrivare ad avere una stampa di qualità museale attraverso la quale rivivere le emozioni provate al momento della ripresa».

Lo scatto o la serie fotografica a cui sei più legato.
«E’ sempre difficile scegliere una fotografia tra tante. Vi sono però montagne con cui ho un legame particolare, una di queste è la Croda del Becco nel parco naturale Sennes-Fanes-Braies. E’ una montagna che rappresenta la mia adolescenza e che non ho mai pensato di salire ma che nel 2019 insieme a mia moglie ho fatto. Volevo una foto del lago di Braies dall’alto e non usando droni non avevo altra scelta che salire in cima alla montagna. Durante la discesa, lasciatoci il rifugio Biella alle spalle, ho scattato un’immagine per me magnifica che mette in risalto la morfologia di un ambiente nel quale è impossibile rimanere indifferenti».

Stai lavorando a qualche progetto in particolare o vorresti realizzare? O anche un viaggio che vorresti fare.
«Sì, sto lavorando ad alcune cose tra cui mi piace ricordare due serie molto distanti come argomento tra loro. Da una parte sto studiando la relazione tra acqua e roccia, due elementi per definizione in antitesi, si tratta di una ricerca piuttosto lunga perché servono condizioni e luoghi particolari per realizzare gli scatti che ho in mente. Dall’altra ho iniziato 3 anni fa una serie denominata “Rinascita” con l’intento di mostrare quanto l’uomo privo dei suoi indumenti ed accessori sia assolutamente indifeso rispetto all’ambiente. E’ un progetto a cui tengo particolarmente perché mi sta permettendo di conoscere meglio non solo me stesso, ma di approfondire un rapporto con la Natura di cui sento di far parte e di cui mi sento privato. Entrambe le serie sono al momento visibili nel loro stato embrionale sul mio sito.
Dal 11 settembre sarò presente a Bassano Fotografia 2021 (fino al 1 novembre) nel circuito “Fuori Palazzo” con una selezione dalla serie “Chasing the Light”».

Una curiosità prima di lasciarci.
«Ogni volta che faccio un’escursione porto a casa un sasso come ricordo».

I link dell’artista

Scopri il video che gli abbiamo dedicato

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