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Il colore come vestito e identità di ciascuno di noi

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Annie C’est Moi è un’artista che ama il colore e lo mostra in tutte le sue opere. Attraverso il suo stile “positivo” racconta le persone vere con le loro passioni e le loro emozioni.

Breve presentazione.
«Mi chiamo Annamaria in arte Annie C’est Moi, un nome che vuol dirti, “Hei! Voltati, sono qui! mi senti?”. L’impegno e la resilienza che c’ho messo in questa vita dovrebbe bastare, ma probabilmente devo rendermi più visibile per essere ascoltata… magari con il colore, con la positività e la voglia di vita che non manca».

Come è nata quindi Annie.
«Dalla troppa realtà è nato il mondo di Annie. Quello che vorrei fare non è solo arte, io vorrei comunicare, certo è una cosa molto difficile perché per farlo devi preparare un terreno fertile e motivato. Io ho iniziato a dipingere me stessa in un periodo difficile della mia vita e nonostante tutto mi dipingevo ottimista e positiva, questo mi confortava quasi ad invitarmi alla buona speranza».

Tu prediligi raffigurare le persone inserendole a contatto con gli elementi vitali.
«Con il tempo amici, conoscenti e anche perfetti sconosciuti, mi hanno iniziato a chiedere di rappresentarli per come li vedevo io, quindi attraverso i miei occhi. Così i miei personaggi che vivono tra l’illustrazione, la pittura e la poesia, sono persone vere con le loro passioni, i loro ideali e i loro sogni». 

Immancabile anche la presenza di animali.
«Sì, raffiguro anche gli animali che spesso propongo come anime alate, angeli custodi che sostengono e addolciscono il rientro a casa dei loro padroni. I fiori e la natura, in generale, hanno un ruolo determinante. La natura per me raffigura il Dio che tanto cerchiamo in forma umana. Se devo ringraziare per la vita donata devo farlo alla natura, la stessa che mi tiene in vita. I 5 elementi sono una sintesi di essa». 

E poi di ogni persona percepisci un colore e lo rappresenti.
«Il colore per me è identità, ognuno di noi ha tatuato nel proprio “io” una gamma di colori da indossare come fosse un bel vestito. Ed è cosi che identifico le persone scegliendo per loro un abito nuovo, caldo, confortevole, a volte appariscente o elegante, altre volte sportivo o semplice ognuno di noi indossa il proprio abito su tela e fuori».

Parlaci della tua pittura e delle tue esperienze artistiche.
«La mia espressione pittorica è iniziata in una brutta notte di 6 anni fa; da lì in poi è successo l’incredibile, che ancora oggi non mi par vero. Ho partecipato a varie mostre artistiche nelle più belle città d’Italia e fuori, tra queste ricordo: Venezia alla galleria “Il Redentore”, Palazzo Datini a Firenze, all’Abbazia di Treviso con la bravissima curatrice Roberta Gubitosi, al Castello di Monselice Porta San Giovanni, una delle cinque porte cinquecentesche in entrata alle mura di Padova e molte altre.
Ho partecipato, in collettiva con l’Associazione Culturale XEARTE ad una raccolta  benefica con una mia opere, la raffigurazione di un angelo per una chiesa in Argentina a favore del territorio e un’altra a Vercelli per una casa per anziani, conto di collaborare per altre future donazioni».

Realizzi anche opere su commissione?
«Lavoro spesso su commissione. I miei contatti non sono solo su suolo nazionale, infatti più strana commissione viene dalla Tasmania, ma lavoro bene anche con Spagna e Portogallo… Credo sia sempre un fattore legato al colore che utilizzo e allo stille che è di indole solare».

Cosa non deve mai mancare quando lavori.
«Lavoro nel mio studio, una grande scrivania di recupero, quelle di legno-legno con cassetti pesanti e la pelle scura sul ripiano, dentro i cassetti ci trovi pennelli, carte stroppicciate, colori e desideri nascosti tra sogni mai realizzati. Una lampada che non illumina mai abbastanza, la vista sul verde, le palme mi segnano l’arrivo del vento. Mia madre, malata di Parkinson, chiama devo lasciare il mio lavoro ed il mio mondo per riprenderlo mille volte al giorno. Una tazza di caffè sul tavolo del giorno prima».

Una curiosità da raccontarci.
«Ricordo un’intervista dove mi si chiedeva perché dipingo spesso le farfalle… le mie farfalle mi assomigliano, vivo ogni giorno come fosse l’ultimo è spesso le dipingo inclinate con un ala di piombo. Il mio simbolo infatti è la farfalla, ma ogni respiro mi assomiglia per la mia capacità di immedesimarmi in ciò che dipingo. Io mi sento “colore”».

“Ancora cerco di capire chi sei per poterti dipingere, ti chiedo un tuo desiderio, sento che il tuo posto è altrove che lì dove sei hai la vita legata con un filo dorato. Cerco di liberarti e ti regalo un’ala, un fiore come quel vestito giallo che ti piace tanto e accanto a te, morbido manto di un coniglio, i tuoi figli che gioiosi ridono tra l’erba alta del tuo giardino, un po’ di poesia. Ti offro la speranza, la mia speranza in un’istantanea del sentire. Se non ci fossi tu, non ci sarei io quì a raccontarti, quì di grazie”.

I link dell’artista

Scopri il video che le abbiamo dedicato

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