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Una pittura che “parla” sia in astratto che in stile figurativo

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Selene Bonavita è pittrice e psicologa, il suo obiettivo è realizzare creazioni artistiche che possano riuscire a infondere un senso di armonia, piacere e positività in chi le guarda.

Breve presentazione.
«Mi chiamo Selene Bonavita, e sono nata a Benevento il 24 gennaio 1984. Fin da bambina ho sempre dimostrato una forte inclinazione artistica, e ciò mi ha portato, durante gli anni della scuola, a frequentare un’atelier d’arte dove prendevo lezioni di pittura. Conseguita la maturità classica non ho voluto proseguire il percorso artistico che avevo intrapreso e ho scelto di iscrivermi alla Facoltà di Psicologia. Per gli studi universitari mi sono trasferita a Roma, dove ho vissuto fino al 2016, anno in cui sono rientrata nella mia città natale. Dal rientro a Benevento ho deciso di archiviare l’esperienza lavorativa che avevo accumulato in passato nel settore HR, per aprire uno studio privato e dedicarmi alla libera professione. Inoltre, ho recuperato la mia antica passione artistica e ho ripreso a dipingere in maniera continuativa, aprendomi al mercato dell’arte e strutturandomi con la creazione di un e-commerce personale. Ho un compagno di vita che è il mio riferimento più importante e sono mamma di due bambini, Jacopo e Rebecca, rispettivamente di quasi 8 e quasi 5 anni».

Come prendono vita le tue opere astratte?
«Nascono dall’emozione del momento e sono il prodotto di ciò che sto vivendo in quello specifico frangente. Riflettono il mio mondo interno, multi-sfaccettato, spesso ricco di contraddizioni e di contrasti che io provo a rendere colorando le superfici sulle quali dipingo con tinte accese e vibranti».

E quelle figurative?
«Le opere figurative sono “innescate” da uno stimolo che cattura la mia attenzione, da qualcosa che mi colpisce e mi spinge a riprodurlo, anzi a reinterpretarlo a mio modo, con il mio stile pittorico contraddistinto dal colore gettato e usato in grandi quantità. Lo stimolo generalmente è rappresentato da un’immagine vista sul web, da una fotografia di una rivista, da un dettaglio della vita reale in cui mi sono imbattuta e che mi fa da incipit per l’atto creativo a seguire».

Tu sei psicologa e pittrice contemporanea, quanto le due cose entrano in contatto tra loro.
«Direi che queste “cose” sono molto legate tra loro: arte e psiche rappresentano due miei aspetti connessi e integrati, li considero le facce della stessa medaglia, di un unicum che sono appunto io. Nei fatti si tratta di due mie personali modalità per stare in contatto con me stessa e per comunicare con l’altro!
L’attività artistica ha a che fare con le emozioni in maniera diretta: attraverso la pittura esprimo ciò che sento dentro e lo faccio fluire liberamente sulla superficie che ho di fronte, “immortalandolo” in un prodotto concreto e tangibile, ossia l’opera finita. Attraverso gli strumenti principe della psicologia, che sono pensiero e parola, mi muovo invece nell’ambito dell’intangibile, del simbolico, del mentale appunto, per interrogarmi/comprendere/comprendermi/esprimere e dare un senso alle cose che vivo. In questo caso non c’è un prodotto visibile, come la tela dipinta, ma c’è tutto l’aspetto teorico, cerebrale, introspettivo e verbale altrettanto importante, necessario e complementare a quello artistico. Questa connessione di arte e psiche sotto il profilo personale si riflette inevitabilmente anche nella mia (duplice) vita professionale, che risulta certamente separata e distinta ma al tempo stesso intrinsecamente collegata nelle sue due parti, in quanto, almeno per me, è impossibile vivere e funzionare a “compartimenti stagni”! E così, la mia attività di pittrice è spesso influenzata da vissuti ed emozioni che mi arrivano dal mio lavoro da psicologa: quando dipingo riverso nelle mie opere anche molti elementi dei mondi, delle storie e delle “individualità” che incontro e che si “mescolano” immancabilmente alla mia. D’altra parte è risaputo che le creazioni di un artista sono lo specchio della sua anima, della sua sensibilità nonchè il prodotto di tutto ciò che di significativo gravita nella sua vita presente e passata, e questo è ciò che accade anche a me. Allo stesso modo, credo che la mia attività professionale di psicologa sia molto arricchita a sua volta dalle attitudini artistiche, dalla creatività e dall’estro che mi accompagnano e da quel groviglio di immagini, forme e profili che albergano dentro di me. Le considero tutte un bacino prezioso di risorse a cui attingere nel rapporto con l’altro, perché mi consentono di “amplificare” i miei strumenti psichici, di empatizzare meglio con chi ho di fronte e di avvicinarmi in maniera non solo cerebrale ma anche “viscerale” al suo mondo e alla sua interiorità».

Come stai vivendo questo particolare momento storico? 
«Come la stragrande maggioranza delle persone, anche io ho accusato lo scombussolamento che la pandemia ha prodotto, in primis a livello sociale e poi in tutti i settori, e dunque, soprattutto agli inizi dell’emergenza sanitaria, non sono mancati nemmeno per me momenti di disagio e di paura per questo virus invisibile eppure così letale. Per fortuna, superata la fase iniziale di allarme irrazionale, sono riuscita a non lasciarmi sopraffare dalle emozioni negative e ho provato a reagire e a trasformarle in energia produttiva. In una sola parola, ho cercato di adattarmi ai cambiamenti imposti dall’esterno e ho trovato il modo per “trarre” qualcosa di buono anche da un periodo così buio come quello passato (e purtroppo non ancora finito). Così, il 2020 è stato un anno molto produttivo artisticamente parlando, e non solo: è come se mi fossi decisa a “fare di necessità virtù” delle limitazioni introdotte alla nostra libertà, approfittando del tempo sospeso del lockdown per dedicarmi alla mia passione per la pittura e per cercare di crescere e migliorarmi ancora. Ho lavorato a tante opere e ho anche partecipato a diverse iniziative online, mi sono strutturata meglio sotto il profilo della vendita e dell’autopromozione sui canali social; non ultimo, ho assistito alla ristrutturazione dello spazio che ho voluto fortemente per dipingere: il mio studio, il mio piccolo mondo, il mio rifugio dove prendono vita le mie creazioni e dove pianifico tutto il mio lavoro quotidiano.
Alla fine, penso che sia proprio vera la regola del 90/10 per affrontare i problemi: solo il 10% della nostra vita dipende dagli eventi che ci accadono mentre il 90% dipende dal modo in cui reagiamo ad essi».

Qual è il tuo messaggio artistico?
«Il mio è un messaggio di positività ed energia, che veicolo attraverso l’utilizzo di tinte forti e accese con le quali dipingo le mie opere. Il colore per me rappresenta il simbolo per eccellenza della vita e della vitalità, una risposta alle brutture e alle difficoltà che ci circondano. La mia filosofia è che il negativo esiste e non si può negare ma a chi giova ricordarsene e rimuginare su ciò che affligge e non può essere cambiato? Ritengo, invece, che sia più utile “spostare il focus” e concentrarsi sul bello e sulla bellezza che pure esistono e ci circondano, anche se spesso ci sfuggono. L’arte è il canale per veicolare la bellezza, e può diventare un potente mezzo per “reagire” alla complessità della vita, per distoglierci dalle cose meno piacevoli, per immergerci in uno stato di benessere psicofisico attraverso la fruizione di un’opera, meglio se grande, d’impatto, dai colori intensi e brillanti, gioiosa. La mia più grande sfida nonché la mia massima ambizione è proprio quella di realizzare creazioni artistiche che possano riuscire a infondere un senso di armonia, piacere e positività in chi le guarda».

Stai lavorando a qualche progetto in particolare?
«Al momento non sono impegnata su progetti specifici ma mi sto dedicando al mio progetto artistico allargato che consiste nell’attività pittorica in senso stretto (sia quella spontanea sia quella commissionata dai clienti), nella cura dei canali di diffusione e divulgazione della mia arte (e-commerce e social network) e infine nella partecipazione a mostre ed eventi (finora sostanzialmente online e da remoto, causa restrizioni e divieti Covid-19). Per fortuna la situazione si sta gradualmente sbloccando e già lo scorso 11 giugno ho potuto presenziare all’inaugurazione della mostra collettiva “Sintesi” tenutasi al Museo Crocetti di Roma, per me primo evento espositivo fisico dopo questi lunghi mesi di fermo nel settore. Come eventi in programma, parteciperò anche alla 48° edizione del premio Sulmona che si terrà il prossimo 25 settembre. Sto inoltre pianificando una futura esposizione personale, di cui avrò il piacere di parlare non appena sarà una prospettiva concreta e definita».

Una curiosità prima di lasciarci.
«La curiosità più eclatante che mi appartiene è che sono ricca di contraddizioni. Gli esempi di questi miei “contrasti” sono molti: per cominciare, durante l’atto creativo risulto molto disordinata e caotica, ma al di fuori di quel momento sono una maniaca dell’ordine e della pulizia. Amo il cibo e la buona cucina, ma non mi piace cucinare, anche se mi tocca farlo, quanto meno per i miei bambini! Adoro la musica, ascoltarla e suonarla (da bambina ho studiato pianoforte e ho ripreso da qualche anno), ma sono insofferente a tutta la parte teorica, di lettura spartiti e di solfeggio. Mi reputo sostanzialmente una persona solare, ottimista, sorridente e ironica, ma so essere anche molto seria, complessa, impegnativa, a volte inquieta e impaziente. Infine, mi ritengo capace di una discreta capacità di osservazione, di una notevole attenzione ai dettagli e di una buona consapevolezza di ciò che accade dentro e fuori di me (alcune “doti” da psicologa, per dirla in breve), ma al tempo stesso su alcuni fronti sono distratta, smemorata, spesso sovrappensiero, e tendo a ritirarmi in una dimensione intima fatta di colori ed emozioni (la mia anima di artista). Insomma, in senso generale, la mia stessa doppia “natura” in qualche modo potrebbe essere letta come una contraddizione o un’accostamento degli opposti, anche se io ritengo che queste mie due parti siano certamente l’una diametralmente diversa dall’altra eppure molto più unite ed in relazione di quanto si possa immaginare!»

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