Federico Galeotti

Stile graffiante per il co-fondatore del collettivo Amianto Comics

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Federico Galeotti è un fumettista, pittore e disegnatore attento e appassionato.

Breve presentazione.
«Ciao a tutti i lettori! Mi chiamo Federico Galeotti ogni tanto per abbreviare “Galex”. Vivo a Carrara e il mio percorso di studi è stato abbastanza controverso e variegato. Ho iniziato con i Geometri alle superiori, una scuola terribile che avrei voluto non frequentare, poi 4 mesi di economia a Pisa abbandonati subito per fare quello che mi piaceva, ovvero l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Ho studiato 3 anni di Grafica, poi sono scappato a Firenze per seguire Sceneggiatura per fumetto alla Scuola Internazionale di Comics per poi tornare sui 2 anni del biennio di Pittura di nuovo all’Accademia di Belle Arti. Negli ultimi anni ho co-fondato il collettivo Amianto Comics, con cui scrivo e disegno fumetti e ho collaborato con altre case editrici italiane ed estere».

Quando hai deciso di diventare un artista?
«È difficile dire il momento preciso, diciamo che dentro di me la passione c’è sempre stata, mi ricordo però di quando NON ho deciso di fare quello che non mi piace. È stato durante il breve periodo dell’università di economia a Pisa, una mattina piovosa mi ricordo benissimo di un uomo vestito di grigio con ombrello e borsa ventiquattrore scure che si recava a lavoro, quel mondo non mi apparteneva e da quel momento ho deciso di rinunciare agli studi universitari per dedicarmi all’arte».

Come definiresti il tuo stile?
«Definirei il mio stile sicuramente sporco, graffiante e sperimentale. Mi piace un sacco provare qualsiasi strumento e tecnica per disegnare, non per forza classica. Ho utilizzato in passato qualsiasi tipo di materiale che mi capitasse in laboratorio, anche chiodi, viti, siliconati da pesca e altre cose strane».

Parlando di comics, come sta cambiando secondo te questo settore negli ultimi anni?
«Ogni nazione ovviamente ha il suo tipo di mercato che predilige, in Italia il fumetto italiano è sempre stato in edicola fino agli anni Novanta, ma negli ultimi trent’anni ci si è spostati nelle fumetterie per poi approdare negli ultimi anni nelle librerie. È un buon risultato, ma siamo ancora in ritardo ad esempio sulla Francia dove i graphic novels sono quasi dappertutto. Anche a livello professionale delle case editrici italiane purtroppo siamo ancora indietro, è molto difficile oggigiorno campare solo di fumetti con certi tipi di contratti. I prodotti editoriali variano dai classici seriali che stanno un po’ sparendo (tranne ovviamente in edicola), c’è una grossa fetta di graphic novels che spesso secondo me seguono un po’ troppo la moda, like e follower e meno la qualità del fumetto stesso. Di graphic poetry non ce ne sono tanti, io ho provato a farli ed è stato un esperimento positivo, ho sempre trovato le poesie un po’ difficili da leggere e noiosette, ma abbinate a delle illustrazioni la lettura ha un ritmo diverso e il lettore rimbalza la sua attenzione tra visivo e la narrazione».

C’è un personaggio di fantasia che avresti voluto creare tu?
«Sì, avrei voluto creare Kriminal, mi è sempre piaciuto il design della sua tuta e lo considero al pari di Diabolik uno dei personaggi del fumetto nero italiano più intriganti stilisticamente».

Illustratore, pittore e disegnatore fumettista… Come gestisci queste tre professioni insieme?
«Con tanto caos! Delle volte cerco di impuntarmi nell’organizzarmi per tempo/spazio, ma l’ordine dura poco e quando ho l’ispirazione per qualcosa devo buttarmici a farla e basta».

Ci sono altre doti artistiche, magari nascoste?
«Spero di no. Anni fa suonavo il basso, ma poi non avevo più tempo libero per farlo. Anche se la musica è rimasta una passione che mi porto dentro e forse un giorno sarà un rimpianto, come tutte le cose lasciate alle spalle per mancanza di tempo».

Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«L’acqua. Ultimamente sto lavorando molto con inchiostro/acquerelli e alcuni effetti che riesco ad ottenere sono effetti che non riesco a controllare, dal dripping, sbavature con spatole, impronte digitali. Mi piace l’improvvisazione e non aver troppo sotto controllo gli strumenti che utilizzo e l’acqua riesce a scombinarmi e certe volte smaterializzarmi la precisione del segno ed è quello che voglio ottenere».

Qual è il tuo messaggio artistico?
«Ogni medium che utilizzo, dalla pittura, illustrazione e fumetto ha un messaggio diverso. Diciamo che forse la pittura ha un messaggio più personale e definito, ma ovviamente più criptato. Prediligo un ritorno all’astrattismo con un esaltazione del materiale usato, ovvero la polvere di marmo bianco. Questo materiale è molto importante per me, è legato al mio luogo di nascita, alle radici della mia famiglia che ha lavorato nelle cave da generazioni e il suo utilizzo, o meglio, ri-utilizzo ne comporta per me la possibilità di rendere “sacrale” il materiale stesso, un po’ come i feltri e il miele per Joseph Beuys».

Una curiosità prima di salutarci…
«Durante questo periodaccio di quarantena c’è stato tanto tempo per riflettere e progettare il futuro. Vi consiglio quindi di tenere d’occhio Amianto Comics, perché stiamo lavorando su più progetti veramente stimolanti che un po’ alla volta sveleremo, quindi colgo l’occasione per dire che è in corso il pre-order del mio nuovo volume che ho realizzato insieme a Giulia Iori. Si tratta di un’antologia di storie tratte dell’antico libro del Tao Te Ching. È un fumetto molto particolare a cui tengo molto e spero possa interessarvi”».

Scopri il video dedicato all’artista

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