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Il bar delle Folies-Bergère (1881-1882)

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Nel mese di maggio abbiamo visto scendere la curva dei contagi, e l’attuazione del nuovo decreto Conte, ha sancito un allentamento delle misure previste per il lockdown.
Tutto ciò ha permesso un graduale ritorno alla normalità, da alcuni interpretato in maniera un po’ leggera, come se nulla sinora sia accaduto; da altri -probabilmente i più sensibili- inteso come un lento, progressivo riavvicinamento alla natura e alla bellezza.
Questo ritorno alla luce, mi ha fatto pensare molto agli Impressionisti, i quali davano un’importanza smisurata non solo alla luminosità, ma anche al tempo e alla capacità di cogliere un frammento unico di esso (sentendosi questi, in competizione con la nascente fotografia).
Ma chi sono precisamente gli Impressionisti?
Sono gli artisti della gioia di vivere, della leggerezza, ma anche della realtà, poiché figli diretti del Realismo ottocentesco, e del suo senso sociale, scientifico, oggettivo del mondo. Se pensiamo ad esempio ai corpi luminosi di Renoir, dopo il suo soggiorno in Italia, comprendiamo ancora meglio il valore della luce, nelle sue molteplici variazioni; catturata da pennellate danzanti, che sottolineano la libertà di una grande scoperta: la pittura all’aria aperta, definita anche pittura en plein air.
Dunque, gli artisti di quest’epoca colgono con maggiore attenzione il valore della luce diretta, e l’importanza di dipingere all’aperto, non più rinchiusi negli Atelier (che per i più fortunati potevano anche essere ampi e ariosi, ma per tutti gli altri erano spesso angusti e soffocanti).
In particolare Manet rappresenta pienamente “la stagione di passaggio”, l’anello di congiunzione tra il realismo e l’impressionismo. Siamo negli anni in cui avviene una rottura insanabile con la tradizione accademica, e alcuni pittori decidono finalmente di aprirsi al mondo e ai suoi temi più immediati, diventando così cronisti della loro epoca. Gli artisti escono dai loro studi, specialmente coloro che prediligono il paesaggio, abbandonando temporaneamente il puro esercizio accademico e le modelle in posa, per farsi trascinare da una corrente inarrestabile: la società moderna.
La prima mostra degli Impressionisti risale al 15 aprile del 1874; è dunque evidente che, quando Manet dipinse il bar delle Folies-Bergère, la corrente impressionista si era già avviata. Questo possiamo capirlo anche dalla stessa tavolozza che utilizza, decisamente schiarita rispetto ad altre (evidente influenza dell’Impressionismo). Un particolare questo, che non lascia nulla al caso. Egli infatti era noto per essere l’unico artista della sua cerchia, ad utilizzare colori talvolta anche molto scuri. In realtà Manet appartiene al primo periodo dell’Impressionismo e per lui sarebbe più consono parlare di pittura pre-impressionista.
Per i meno esperti di questo periodo storico e dei suoi artisti, porre l’accento su tali particolari può risultare di grande ausilio, dato che troppo spesso si fa confusione tra due pittori partecipi della stessa corrente, ma portatori di valori e tradizioni diverse: Manet e Monet. Smettiamo dunque una volta per tutte di confonderli e cominciamo a conoscerli sinceramente.
Nel dipinto che analizzeremo questo mese, (opera di Manet), viene raffigurata una delle due cameriere del bar delle Folies-Bergère, all’epoca uno dei locali parigini più alla moda. La giovane Suzon, bionda slanciata, con i capelli raccolti, osserva lo spettatore campeggiando al centro della composizione. Il suo sguardo, tuttavia, appare come distratto, lontano, assente, nonostante lo specchio alle sue spalle, riveli la presenza di un cliente che si sta rivolgendo a lei. Le differenze tra la donna e la sua immagine riflessa (che vediamo spostata sulla destra) è voluta appositamente dall’artista, per accentuare l’astrazione del personaggio, rispetto al chiasso della sala. Sul bancone davanti a lei, ci sono numerose bottiglie, una coppa di frutta e un vasetto in vetro con dei fiori, un vero e proprio brano di natura morta sotto gli occhi di tutti, che ricorda tantissimo le riparografie classiche che ornano le domus romane. Esposto al Salon parigino del 1882, un anno prima della morte di questo grandioso pittore, il quadro ottenne un successo immediato, per lo straordinario effetto di movimento conferito a questo episodio di vita contemporanea.
Parliamo di oltre un secolo fa, eppure quest’opera ci sembra così attuale, così veristica e spontanea, soprattutto per il tema. I bar, i ristoranti e i numerosi locali alla moda stanno tornando a ripopolarsi, e anche se oggi per tutti noi permane quel senso di incertezza, anche se le nostre sicurezze sono state improvvisamente spezzate dalla pandemia, abbiamo imparato a “danzare sotto la pioggia”, a non sottovalutare più, ogni singolo, prezioso istante della nostra vita.

a cura di Maria Rosaria Cancelliere

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