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I profughi di Parga

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Francesco Hayez, 1826-1831.

“Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire”

Jean-Paul Sartre

Risuonano attuali le parole del celebre filosofo esistenzialista Sartre, compagno storico della scrittrice Simone de Beauvoir, il quale pone al centro di ogni possibile dibattito sulla guerra, il punto di vista più semplice: quello della gente comune, e di chi poi nei fatti, paga il conto più alto (in termini di vite umane).

Basti pensare che nel 1964 Sartre rifiutò il Premio Nobel per la letteratura, e lo fece per via del socialismo che portava nel cuore che non volle mai uniformarlo, mai “trasformarlo in una istituzione”. L’aforisma citato, lascia ampie e profonde riflessioni sul messaggio contenuto. Rimane un fatto innegabile e inconfutabile che, nonostante i tempi siano profondamente cambiati – siamo ormai in un mondo quasi del tutto alfabetizzato e in teoria in grado di optare per delle decisioni più giuste, eque, condivisibili- i potenti dispongono sempre dei soliti mezzi “coercitivi” per imporre le loro vanesie volontà.

A tal proposito, in queste ultime settimane, stiamo assistendo alle tragiche vicende che hanno sconvolto un intero paese: l’Ucraina, e viene naturale ripensare alla massima del filosofo tedesco Hegel che recita così: «ciò che l’esperienza e la storia insegnano è questo: che uomini e governi non hanno mai imparato nulla dalla storia».

Senza entrare nei dettagli di un conflitto che fermentava già da tempo nelle viscere di quei territori, e che rappresenta solo il risultato di una politica scellerata, corrotta e assoggettata al potere, il dato sconcertante su cui bisognerebbe porre l’accento è  l’ingente spesa militare, gli investimenti in armi, che pare siano addirittura raddoppiati dal 2000 ad oggi.

Senza poi volgere necessariamente lo sguardo altrove, in Italia, per esempio, il bilancio del ministero della difesa per il 2022, sfiora i 26 miliardi di euro, con un aumento di 1,35 miliardi.

«Ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora» sottolinea il presidente Draghi.

Viene dunque da chiedersi a questo punto, se esiste o esisterà mai una scala di valori e priorità più giuste, che ponga all’apice senza se e senza ma, la vita delle persone.

Ho scelto l’opera di Francesco Hayez, intitolata “I profughi di Parga”, perchè è quella che è rimasta maggiormente impressa nella mia memoria, e quindi nel mio cuore, durante le interminabili (ma bellissime) lezioni di storia dell’arte. 

I profughi di Parga, Francesco Hayez 1831 – Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo

Il parallelismo con i profughi Ucraini, (e non solo! Ricordiamoci che altrove le guerre non sono mai cessate) con tutte le persone costrette ad abbandonare la propria terra, i propri affetti, la propria casa, a causa di una politica che bada solo ai propri interessi, sopraggiunge spontaneo.

Sicuramente risvegliarsi in un quadro simile potrebbe turbare le coscienze, ma l’obiettivo della storia e anche dei pittori che si sono impegnati politicamente, è proprio questo.

Il sensibile animo di Hayez, artista romantico per eccellenza, ha molto da comunicare e insegnare, se solo ci fosse un approccio più etico all’arte, anche nelle scuole.

La sua opera fu interpretata già dai suoi contemporanei in chiave risorgimentale. Il dipinto infatti, si ispira al poema omonimo di Giovanni Berchet. Chiara è dunque l’ispirazione del pittore, che si lascia suggestionare dalla letteratura del suo tempo.

La tela di Hayez diventa così, un vero e proprio mezzo per veicolare i colori e, assieme a loro, i sentimenti di un tempo che a noi, non appare così lontano. Egli riporta la vicenda della città greca di Parga venduta ai turchi dagli inglesi.

Anche all’epoca gli interessi politici prevaricavano sugli aspetti propriamente umani. Tante, troppe persone costrette ad abbandonare la propria terra per seguire gli interessi di chi?

La partecipazione sentimentale che Hayez ottiene, proviene dal carattere teatrale di quest’opera che pare proprio esasperare un tema che sta scuotendo in questi giorni le nostre coscienze.

E viene da chiedersi dunque: “esiste davvero una componente teatrale, o siamo semplicemente di fronte all’assoluta verità del dramma umano?”

Lascio ai miei lettori le risposte.

a cura di Maria Rosaria Cancelliere

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