credit Filippo Pincolini

Le creature sognanti che raccontano la parte migliore dell’animo umano

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Annamaria Carelli in arte Aria si racconta portandoci dentro il suo personalissimo mondo onirico, tra creature che oscillano tra bellezza e mostruosità. Fino al 25 aprile è possibile ammirare le sue opere al Macramè di Reggio Emilia.

Ciao Aria, per chi non ti conosce ancora racconta un po’ chi sei. 
«Mi chiamo Annamaria e “Aria” (ultime sillabe del mio nome) è la parte migliore di me, quella che dipinge e si esprime liberamente tramite colore e inchiostro. Sono pittrice e product designer, di origini cilentane, ma vivo e lavoro a milano da 17 anni».

Come e quando hai deciso di dedicarti all’arte e quale è stato il tuo percorso fino ad oggi.
«L’arte è stato sempre un punto fermo nella mia vita, il rifugio e la finestra allo stesso tempo. Le ho sempre attribuito il grande merito di salvarmi puntualmente. Per riconoscenza ho deciso di dedicarle più tempo possibile nella mia vita. Infatti oggi che è diventata il mio lavoro, sono serena e mi riconosco. Mi sento fedele alla mia essenza. Ho frequentato prima l’Accademia di Belle Arti a Napoli e poi l’Istituto Europeo di Design a Milano. Ero ricaduta sul design di prodotto per poter lavorare sfruttando la creatività, ma a servizio di competenze progettuali.
Per diversi anni questa scelta mi ha soddisfatta, mi ha permesso di trovare un lavoro in un’agenzia di comunicazione in cui mi occupavo prettamente di modellazione 3d e render. Ho assaporato la stabilità, ma la sera desideravo correre davanti a un foglio bianco.
Un bel giorno ho deciso che il foglio, non il computer, dovesse essere il mio compagno di vita, insieme ai colori materici, alle cornici, all’inchiostro. Così mi sono licenziata ed è iniziata l’avventura più intensa della mia vita.
Inizialmente lavoravo da casa, poi ho sentito l’esigenza di creare un nido per le mie opere. E ora ho un laboratorio d’arte in cui trascorrere sia il tempo lavorativo che quello libero. Perchè non esiste differenza per me tra i due momenti».

Chi osserva le tue opere viene proiettato in un mondo che possiamo definire onirico dove mongolfiere con il cappello, pesci volanti e tante altre magiche creature la fanno da padroni. Che cosa rappresenta questo mondo per te e perché hai scelto di raffigurare proprio questo tipo di soggetti.
«Per me sono creature sognanti e poetiche che rappresentano la parte migliore dell’animo umano. Quella parte delicata e in armonia con il mondo, con gli altri, con la natura. Mi servo di loro per meravigliare, istigare all’incanto, invitare all’apprezzamento del dettaglio».

Sempre parlando di soggetti, come nascono? da dove prendi ispirazione?
«Nascono da concetti che vorrei esprimere, come accade per esempio con le falene. Tramite loro, infatti, invito a trattarle come le farfalle, per educare al rispetto di ogni creatura, ad uno sguardo puro e libero dai preconcetti, verso chiunque. Oppure tramite le balene che fluttuano in aria voglio mostrare quanta leggiadria possa trasmettere chi per sua natura debba solo sognarla. Non so definire cosa mi ispiri, mi sembra sia qualcosa di molto ancestrale e silenzioso».

Aspetto fondamentale delle tue opere sono anche le cornici che utilizzi, ci vuoi un po’ raccontare?
«Per me le cornici fanno parte dell’opera e le scelgo con cura dai miei artigiani di fiducia. Spesso me le realizzano su misura con aste vintage, rimaste nei loro laboratori per anni. Altre volte le trovo durante i viaggi in botteghe impolverate. Appena ne vedo qualcuna, chiedo: “mi dia tutte quelle che ha”. Comunque sia non lascio mai che una mia opera lasci il mio studio incompleta di cornice».

C’è una tua opera a cui sei particolarmente legata?
«Di sicuro “Istigazione alla vita” racchiude il messaggio che rappresenta al meglio il senso della mia arte. Perchè è un inno alle donne e a madre terra, a ciò che nutre instancabilmente, alla forza vitale racchiusa in un seno accogliente e gonfio di latte e amore per ogni specie. Di fronte al seno c’è una minuscola ape, sospesa in volo ad osservare come la sua missione sia la stessa delle donne e dell’arte: portare avanti la vita in armonia con ogni cosa, operose e minuscole, ma potenti e sagge».

Attualmente le tue opere sono in esposizione a Reggio Emilia in un bellissimo locale, il Macramè e la mostra si chiama “Muri d’Aria”. Come è stato preparare questa mostra, che cosa ti porti nel cuore.
«Preparare una mostra per me è sempre un po’ uno strappo. Mi ritrovo le pareti del laboratorio vuote e mi sento un po’ più sola. Inoltre ogni volta che parte un quadro, mi sento una mamma apprensiva, figuriamoci questa volta che ne son partiti 16 tutti insieme. Tuttavia, a parte questo istintivo senso di protezione e la schiena bloccata per imballarli tutti, sono felice che le mie opere si trovino in un posto così raffinato, molto affine nello stile alle atmosfere che auguro di solito alle mie opere. Dove nulla è lasciato al caso. Dove le persone vivono momenti speciali di condivisione, a tavola, in compagnia di chi amano».

Recentemente abbiamo visto spuntare sul tuo profilo anche sculture di legno che hanno le sembianze a te care (e a noi pure), è un nuovo progetto?
«Si tratta di un esperimento fatto insieme ad un mio amico, la scultura non è il mio canale espressivo, mi sono limitata a decorare la scultura, non ho meriti sulla modellazione».

Una curiosità prima di lasciarci.
«Vi confido un segreto. Mentre dipingo ho quasi sempre in sottofondo trasmissioni o documentari che trattano temi ben distanti dal mondo onirico che rappresento. Direi che sono anzi temi tutt’altro che meravigliosi. Non hanno nulla a che fare con le creature meravigliose che traccio sul foglio. Eppure da sempre mi incuriosisce molto l’aspetto più cupo dell’animo umano, come può essere quello di un serial killer ad esempio. Mi affascina scavare psicologicamente in personalità buie, contorte e mostruose. Il mio fidanzato non si spiega come possa dipingere un quadro poetico mentre ascolto i peggiori casi di cronaca nera. Effettivamente non lo so. So soltanto che se non avessi avuto questa forte passione per l’arte, probabilmente avrei studiato psicologia o criminologia. Era una curiosità abbastanza curiosa?».

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