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Raccontare la propria storia attraverso la propria arte

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Ecco di cosa si è parlato durante la diretta della rubrica “Comunicare a Regola d’Arte” di Altro Spazio D’arte e a cura di Gloria Belardinelli, illustratrice e artists mentor.

A cosa serve raccontare la propria storia? E perché è importante farlo attraverso la propria arte? Molto spesso navigando nel web, viene consigliato a chi utilizza i social media e in particolare Instagram, di raccontare la propria storia, il problema è che si dà per scontato che tutti sappiano farlo e che sappiano a cosa serve raccontarsi.
Intanto non possiamo dare per scontato un aspetto fondamentale del raccontarsi, ovvero che non tutte le persone abbiano raggiunto una consapevolezza tale da permettere loro di esporsi liberamente e prendere posizione sui social senza preoccuparsi del giudizio altrui.
Il primo step da fare quindi è proprio questo: superare – o come dico sempre,  imparare a convivere con – il timore di essere giudicati dagli altri e ahimè non ci sono scorciatoie o magie mistiche per imparare a farlo se non buttarsi e provare! Il mio motto è ‘’fallo anche se hai paura!” Tuttavia nel farlo dobbiamo tenere di conto dei nostri tempi, iniziare a raccontarsi gradualmente e non dobbiamo sentirci costretti a parlare di aspetti del nostro vissuto che riteniamo essere particolarmente intimi. Possiamo farlo selezionando solo le parti della nostra storia che siamo pronti a condividere, questa è una scelta del tutto legittima!
Questo non significa appunto divulgare tutta la nostra privacy online, significa scegliere in modo selettivo quali aspetti della nostra esperienza e del nostro carattere vogliamo mostrare perché ogni cosa che diciamo, ogni azione che facciamo attraverso i social, contribuisce a generare nelle persone la percezione che hanno di noi.
Per tanto non mostreremo mai il peggio di noi! Che non significa mostrare solo il meglio ma significa proteggere con sano senso del pudore quegli aspetti del proprio carattere, o azioni tali che potrebbe farci perdere di credibilità ad esempio:

  • piangere in video
  • fingere di provare un’emozione- fingere di commuoversi come un attore solo per catturare l’attenzione
  • fare scenate nelle storie

Mostrare emozioni fuori controllo o volutamente recitate all’interno dei social è controproducente se vogliamo utilizzarli in modo professionale. Un conto è essere fuori con gli amici e dare libero sfogo alla nostra emotività, un conto è farlo con la propria community online. E’ come andare in un luogo di lavoro e dare di matto di fronte al capo. Risultato: il capo non ci prenderà più sul serio.
Tuttavia, si parla tanto di autenticità e secondo queste osservazioni qualcuno potrebbe giustamente domandarsi ‘’ma se io censuro questi aspetti di me, non risulterò falso?’’ In realtà no, perché nel’esporsi sui social, nella misura da noi scelta, non dobbiamo seguire un copione e interpretare un personaggio, semplicemente si tratta di essere se stessi avendo rispetto della sfera intima e privata. Per tanto un conto è mostrare appunto atteggiamenti fuori controllo, un conto è invece raccontare ad esempio esperienze negative, le nostre difficoltà sul lavoro, esperienze che ci hanno ferito, deluso, ed eventuali fallimenti. Questo perché la perfezione non esiste e se mostriamo solo i nostri successi e la ‘’vastità’’ del nostro talento, allora sì, che risulteremo falsi. La vita reale è fatta anche di momenti no, tutti noi abbiamo delle insicurezze e fragilità, parlarne senza fare scenate ma aprendosi alla community, ci permetterà di essere visti per ciò che siamo: delle persona reali che come tutti affrontano e accettano i propri ostacoli e non li nascondono sotto il tappeto per sembrare chissà chi.
Fatta questa premessa da dove si parte per raccontarsi e come facciamo a farlo nel modo più genuino e autentico possibile? Senza ingannare le persone?
Innanzi tutto, spesso dietro alla difficoltà del raccontarsi ci sono frasi del tipo ‘’non so cosa dire, la mia vita è monotona, non ho niente da raccontare, a nessuno interessa ciò che ho da dire’’, ma questo avviene perché spesso siamo noi i primi a non avere piena consapevolezza del nostro vissuto e delle nostre esperienze. Quindi che si fa?

Si scrive 🙂

Nei vari percorsi di studi, ho avuto la fortuna di avere come tirocinio quello di scrivere un’autobiografia, che aggiorno di tanto in tanto. Questo esercizio, che è estenuante perchè ci porta a ripercorre episodi del nostro  passato in modo estremamente lucido come se li stessimo rivivendo, ha un impatto emotivo molto forte ma ha anche la funzione di mettere nero su bianco i propri ricordi ed individuare quelli più significativi che in qualche modo ci hanno insegnato qualcosa, anche nel caso in cui si tratti di ricordi o esperienze che ci hanno fatto stare male. L’autobiografia funziona se scritta senza bugie, questo significa non giustificare le azioni delle persone che ci hanno ferito e significa anche appunto non raccontarsi bugie. La cosa migliore è avere qualcuno che possa supervisionare ciò che abbiamo scritto perché ci permette di lavorare su di noi, tuttavia, poiché mi rendo conto che scrivere un’autobiografia non è proprio una passeggiata, oggi propongo una soluzione più smart con un’esercitazione.

Se non ce la sentiamo appunto di partire scrivendo ogni singolo episodio della nostra vita, possiamo provare a fare questo:

  • prendiamo carta e penna
  • ripercorriamo con la mente i nostri ricordi
  • quali sono quelli più significativi?
  • appuntiamoci quelli che abbiamo individuato come tali
  • cerchiamo di selezionarli e di capire come possiamo raccontarli alla community

Facciamo un esempio pratico di narrazione come sempre con un personaggio dell’Universo Marvel, prendiamo come riferimento Loki. Mi soffermo su di lui perché ha un’evoluzione importantissima nella sua storia.

Ci ricordiamo di Loki per come viene presentato all’inizio nei primi film di Thor. Loki è un personaggio pieno di risentimento (anche giustamente), che fa di tutto per ostacolare gli Avengers e crea scompiglio sul pianeta terra.

Ma quando, nella serie a lui dedicata, viene catturato e processato dalla TVA, un’organizzazione che si occupa di monitorare la linea temporale originaria per evitare che si formino delle diramazioni e per mantenere l’ordine, si trova costretto a fare i conti con le sue azioni e i suoi capricci. Da qui Loki intraprende quello che sembra più un percorso di terapia piuttosto che un interrogatorio con l’agente Mobius che lo costringe a guardarsi dentro fino addirittura a svuotare di senso e mettere in ridicolo tutte le azioni che Loki aveva messo in atto fino allora. E’ chiaro che a questo punto Loki vive una specie di crisi esistenziale che lo costringerà appunto a mettersi in discussione. A seguire nella narrazione vediamo un Loki diverso, cambiato, più profondo e maturo. Questo incontro con Mobius, personaggio che poi finisce per diventare suo amico, non solo lo spinge a cambiare ma cambia lo stesso Mobius che fino ad allora aveva una visione irremovibile rispetto al suo ruolo nella TVA.

Ebbene, naturalmente questo è un prodotto cinematografico, e richiederebbe un’analisi più profonda per capire come fa davvero Loki a intraprendere questo cambiamento, ma facendo riferimento ad esso, quale episodio della nostra vita ci ha fatto vacillare? Abbiamo incontrato delle persone che, in un modo o nell’altro, ci hanno spinto a guardarci dentro? Cosa abbiamo trovato? Quale esperienza significativa del nostro percorso artistico e di vita ha contribuito a regalarci maggiore consapevolezza? Qual è la scintilla che si è accesa dentro di noi e ci ha costretto in positivo ad uscire dalla propria zona di comfort?

Proviamo a fare un bel po’ di introspezione perché quello che emergerà, potrà esserci utile per la narrazione della nostra storia.

A questo punto, è fondamentale spiegare perché è così importante raccontare questi pezzetti del nostro vissuto e della nostra esperienza artistica.

Così come nella vita reale, fatta di relazioni e confronto, Instagram si basa sullo scambio reciproco e genuino. Raccontarsi serve a costruire legami perché siamo un social, dobbiamo socializzare 🙂 Tuttavia non mi porrò mai in modo autoreferenziale ma cercherò di capire come possono reagire le persone a ciò che racconto e cosa di quel racconto può essere di aiuto, magari per instaurare un dialogo, condividere punti di vista, valori, visione, e tutto questo cercheremo di farlo aderire alla nostra arte, affinché questa acquisisca valore e non venga percepita solo come un’immagine anonima buttata lì nella gallery.

Facciamo un altro esempio di narrazione, questa volta facendo riferimento alle case di Hogwarts in Harry Potter. Quali sono ad esempio i valori di Serpeverde? Nonostante l’eredità di pregiudizi che si trascina dietro questa casa, che è anche la mia casa di appartenenza,  senz’altro uno dei valori di Serpeverde è la tenacia. Come racconto alla mia community il valore della tenacia? Attraverso la mia esperienza. Ad esempio qual è la scintilla interiore che mi spinge ad essere tenace? Il fatto che magari voglio fare tutto ciò che è in mio potere per poter raggiungere l’auto-realizzazione professionale che desidero e che sono disposta a lavorare duramente affinché questa si realizzi. Almeno un giorno non potrò avere il rimorso di dire che non ci ho provato. La tenacia ha a che fare con il raggiungimento dei propri obiettivi e sogni. Parlerò quindi alla mia Community di come, dopo tante delusioni lavorative, ho finalmente deciso di inseguire i miei sogni, e che niente e nessuno potrà condizionarmi o influenzarmi con parole che mi sminuiscono o mi tolgono motivazione. Che non ho bisogno dell’approvazione degli altri perché ho lavorato su di me e sono consapevole delle mie capacità. Raccontare la tenacia è come raccontare un po’ di speranza per aiutare le persone che magari sono un pochino più sensibili e hanno difficoltà a credere in se stesse.

Tuttavia io posso raccontare anche gli aspetti cosiddetti negativi della mia casa di appartenenza. Perché sono un essere umano e non sono perfetta. I Serpeverde infatti, non lasciano spazio al perdono, se subiscono un torto molto grave, difficilmente concederanno una seconda occasione all’altro. A questo punto, poiché sono così rigida e ferma nella mia convinzione, posso scuotermi un po ‘ e decidere di chiedere alla mia community come si sente quando subisce un torto e se al contrario di me, è capace di dare una seconda possibilità alle persone 🙂 in questo modo io posso imparare qualcosa. Non sto solo raccontando me stessa, perché certo posso aiutare gli altri nel raccontarmi ma anche loro possono aiutare me. Ed eccolo qui lo scambio reciproco di cui parlavo sopra.

Questo metodo di lavorare su Instagram attraverso la propria arte, potrebbe sembrare un tantino impegnativo, e lo è! Ma se il nostro obiettivo è vivere della nostra arte usufruendo dei social media, non possiamo approcciarsi ad essi in modo superficiale. Prima di pretendere di avere qualcosa dagli altri, tocca chiedersi ‘’ok, ma io cosa posso dare?’’. Aprirsi alla community è qualcosa che richiede tempo, non si fa dall’oggi al domani, ma è fondamentale riuscire a costruire relazioni significative. Le relazioni qui, anche se online, non vanno mai sottovalutate perché come dico da tanto ormai, dietro agli schermi di solito ci sono sempre persone vere, con dei sentimenti ed emozioni che possiamo condividere 🙂

Testo di Gloria Belardinelli per la terza puntata del 24/02/2023 diretta instagram

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