stefano polidoro

La pittura e l’arte del tattoo in perfetta armonia

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Stefano Polidoro, pittore e tatuatore di successo ci porta a conoscere il suo mondo dove l’antica arte dei pennelli si mescola con l’ink del tatuaggio.

Come è nata la tua carriera da artista?
«Sono sempre stato molto attivo, già nei primi anni di scuola, il disegno è stato sempre presente nella mia vita. Da fumettista illustratore, passai anni nella decorazione in autografo di caschi e moto a tatuatore di successo da circa 15 anni, prediligo lo stile realistico, così come nella pittura, amo la scena impressionista della scuola inglese (Lucian Freud). Oggi tra un tatuaggio e una convention, riesco a ritagliarmi del tempo prezioso per la pittura. Ottenendo riconoscimenti così come esposizioni importanti. Ultimo nel Museo D’Arte Costantino Barbella di Chieti. Partecipo a concorsi nazionali ed a estemporanee. Sono 5 anni che insegno tecniche di tatuaggio artistico, in una accademia della mia regione, questo ha creato in me l’occasione per insegnare disegno e pittura».

La tua passione per la pittura, come si integra anche nel tuo lavoro da tatuatore?
«La mia tecnica pittorica l’ho integrata nel mio stile di tatuaggio, eseguo tatuaggi realistici, spesso mi ispiro al cinema, dove in un unico fotogramma c’è la descrizione di una scena, con luci, movimento e messe a fuoco. Cerco di riprodurre tutto questo sottopelle. Cercando anche di garantire il lavoro per tutta la vita. Qui la pittura mi torna utile. Nel tatuaggio così come nella mia pittura, le pennellate sono disposte con molto pigmento, la saturazione viene così mantenuta dalla materia».

Come nascono le tue opere?
«Beh, nel tatuaggio ovviamente l’idea iniziale è del cliente, nella mia pittura i soggetti sono da trovare dentro di me. Alcuni anni fa, ad esempio, leggendo studi matematici di Fibonacci, creai delle tele 100×150 sui grandi della fisica come Albert Einstein e Stephen Hawking. Mosso dalla curiosità».

E come le descriveresti?
«I miei dipinti sono carichi di colore, utilizzo una tavolozza tutta mia. I miei incarnati sono spesso formati da terre, così come nella pittura del Seicento, cerco di ricreare armonie cromatiche. Saltano subito all’occhio e le commesse sono le più disparate. Di solito vivono nei musei, nei luoghi pubblici e nelle abitazioni private».

C’è una corrente artistica a cui ti ispiri?
«Inizialmente sono stato affascinato dal grande maestro Frantisek Kupka. Ammiro il suo percorso artistico, per alcuni aspetti simile al mio. Lui illustratore inizialmente, io fumettista nel mio esordio. Poi la sua passione nel cosmo nella fisica, cose che affascinano anche me, fino ad arrivare a una scomposizione cromatica, dove il soggetto “uomo” scompare. Per me il soggetto “uomo” rimane, resta intrappolato nella tela, con le pennellate di carattere come quelle di Lucian Freud».

Cosa non deve mai mancare mentre lavori?
«Una buona luce e assolutamente la musica. M. Davis, J. Coltrane, i grandi del jazz. Ma anche rock psichedelico di Zappa, ELP, Area e tanti altri…».

A quali progetti artistici stai lavorando o vorresti realizzare?
«In futuro vorrei creare una mia galleria d’arte. Dove nella stessa posso avere la possibilità di esporre altre opere di amici e magari creare seminari e workshop».

Qualche curiosità da raccontarci?
«Ultimamente i miei supporti sono i più disparati, non solo tele di diverso materiale, cotone, lino, juta, ma anche vecchie tavole da skate, magari usate e perché no spezzate».

Scopri il video dedicato all’artista

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