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Simbolismi, personaggi e colori che tornano tra di loro

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Gioia Frigo è un’illustratrice che racconta una donna dai sentimenti e pensieri complicati ma nella sua totale bellezza.

Breve presentazione.
«Mi chiamo Gioia, ho 22 anni e abito in un piccolo paesino veneto. Sono nata in Toscana, dove ho vissuto per circa dieci anni. Vivevo tra il bosco e la campagna e son proprio questi i primi luoghi a cui mi sono ispirata per disegnare quando ancora ero bambina. Qui in Veneto ho frequentato il Liceo Artistico e ora studio al Dams».

Come è nata la passione per l’illustrazione?
«Ho iniziato ad appassionarmi all’illustrazione durante gli ultimi anni del liceo, iniziando a vagare sul web in cerca di qualche artista che mi ispirasse, spinta anche dagli studi artistici. In poco tempo mi sono resa conto che l’illustrazione era la forma d’arte più adatta alla mia personalità, al mio stile, al mio modo di lavorare».

Come definiresti il tuo stile?
«Il mio stile è molto semplice, basilare, ma non sempre viene capito, forse per mancanza d’osservazione. Io lavoro principalmente per simbolismi, personaggi e colori che tornano tra di loro e che, accostati, hanno sempre lo stesso significato. Per capire un mio lavoro basta guardare l’identità dei personaggi, che spesso sono ragazze o coppie rappresentate dal sole e la luna. Hanno tutti una posa emblematica del sentimento che vogliono esprimere, anche la gestualità volge a loro favore».

Come nascono le tue opere?
«Ci sono due modi in cui nasce un’opera, e il valore è equivalente: dalla spontaneità delle emozioni o, viceversa, dal processo di ragionamento che esse innescano. Per come la vedo io, disegnare senza un’emozione è impossibile e inutile. Questo non vuol dire che un lavoro spontaneo possa essere più semplice e sintetico di uno ragionato, infatti più di una volta mi è capitato di smussare ed eliminare linee per raggiungere l’essenza del gesto o del sentimento che volevo rappresentare, così come al contrario, spesso l’emozione mi pervade a tal punto che finisco col riempire la pagina di
linee e colori».

Nei tuoi lavori la donna è spesso la protagonista, come mai questa scelta?
«La donna è sicuramente il mio soggetto preferito, ma porta in sé una serie di sentimenti e pensieri molto complicati e in contrasto tra loro. Sicuramente c’è da dire che il corpo femminile, per la sua morbidezza ed eleganza, si presta sempre ad essere un ottimo soggetto, ma al di là di questo ho maturato l’idea che disegnarla sia anche un modo personale di accettare me stessa (spesso le mie donne hanno sul volto la mia tristezza o dei lineamenti che fanno parte del mio corpo). Questo inizialmente non lo avevo notato, sono state le mie amiche e i miei conoscenti a farmi notare la somiglianza tra me e i disegni. Io amo profondamente la figura femminile per la sua fragilità, la sua emotività, la sua debolezza, perché in tutte queste condizioni la trovo comunque forte e dignitosa. La donna inoltre, anche per Galimberti, vive nel registro emotivo, questo le dona una vista migliore».

Qual è il tuo messaggio artistico?
«Il mio messaggio artistico è di empatia e protezione, attraverso i miei lavori voglio sempre ispirare il un momento rassicurante, consolatorio, di condivisione del dolore di questi tempi».

Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Sul mio tavolo da lavoro è impossibile che manchino i colori, che siano ad olio, acrilici, acquerelli, marker o matite, il colore è parte fondamentale e imprescindibile della mia produzione».

A cosa stai lavorando adesso?
«In questo periodo sto lavorando ad un progetto che ritengo molto importante, il progetto “Self Care”: mi sono posta l’obbiettivo di pubblicare ogni settimana un’illustrazione di un gesto, un comportamento, un pensiero, che applicato ogni giorno può aiutarci a star meglio con noi stessi e ad amarci! Negli ultimi mesi ho messo in pausa questo progetto per motivi personali, spero tuttavia di riprenderlo al più presto, spero soprattutto di poter essere d’aiuto a me stessa e agli altri».

Quali invece per il futuro?
«In futuro vorrei fare due cose in particolare: illustrare un libro sull’autismo, per ragazzi autistici e non, a fianco dei testi di una mia cara amica, è il mio progetto principale! Mi piacerebbe molto lavorare a fianco di ragazzi disabili o con particolari problematiche… Non per semplice compassione, ma perché dare a loro del colore è la chiave d’accesso alla loro mente. Non ho mai capito un’opera, così chiaramente, come quella di un ragazzo con la sindrome di down».

Qualche curiosità da raccontarci?
«Di curiosità ne avrei molte ma cerco di trattenermi: la maggior parte dei miei lavori si concentra su un linguaggio che ho ricavato dalla produzione di Mirò, il resto è un profondo studio sui contrasti e gli accostamenti cromatici».

Scopri il video dedicato all’artista

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